Fin da bambina aveva mostrato un’intensa forza creativa; concluso il suo ciclo di studi della scuola media, la città di Foligno, in cui lei viveva, soffriva ancora dei problemi del dopoguerra. Antonietta, benchè ancora adolescente, riusci’ a sfuggire a quello che i genitori avevano programmato per la sua vita: con forza si oppose alla loro scelta, rifiutando d’inscriversi all’Istituto Magistrale. I tempi erano duri e mandare una quattordicenne a studiare in un’altra città non rientrava nei canoni di una mentalità che risentiva di echi sociali che penalizzavano le donne. Antonietta dimostro`di avere una volontà saldissima, quasi incredibile per una fanciulla appena uscita dalla pubertà. Ogni mattina lasciava prestissimo la sua abitazione e si recava alla stazione ferroviaria situata nella parte opposta della città a piedi; prendeva la littoria delle ore sette per Perugia fino a Fontivegge e poi sempre a piedi fino all’Istituto d’Arte Bernardino di Betto.

Di ritorno a casa alle diciassette, Antonietta aveva giusto il tempo per prepararsi alle lezioni del giorno dopo. Non avvertiva il sacrificio, anzi per lei significava evadere da un sistema familiare troppo rigido. I professori la stimavano per l’appassionato studio-lavoro a cui ella si dedicava ogni giorno, facendole concludere gli studi con ottimi voti. Era questo il momento in cui quella fragile ragazza avrebbe avuto bisogno di una mano amica, di qualcuno che la consigliasse, che la guidasse verso un futuro lavoro dove le sue qualità creative potessero trovare spazio. Quella mano nessuno gliela tese mai. Al contrario le imposero l’interruzione degli studi e il collegio delle monache, solo perché era una ragazza vivace come tutte le ragazze della sua età. Proibite le feste studentesche, le gite scolastiche, le uscite con gli amici e ogni altro svago, Antonietta disegnava continuamente ritraendo i suoi familiari, il cane, il gatto e tutto ciò che vedeva. Passava il tempo nel suo studio, un ambiente situato sotto l’appartamento dei genitori del quale si era appropriata facendo di esso il suo “buen retiro”. Li`aveva portato le sue cose più care e tutto il materiale per dipingere. Quello era il suo mondo, il suo rifugio, che la vide crescere e maturare in una giovinezza non serena, ma intensa e profonda, arricchita da letture di scrittori come Pavese, Simone De Beauvoir, Sartre, Kafka, Garcia Lorca, in una costrizione obbligata che le ha sempre alimentato la voglia di liberarsi.

Si sentiva avvolta in un recinto di perbenismo,dove ci si preoccupava solo dell’aspetto di “ragazza per bene” e le si negava la possibilità per tirar fuori il suo talento che traboccava . I vent’anni di Antonietta furono esplosivi per la sua forte creatività e lo sarebbero stati ancora di più se ella avesse avuto incentivi, contatti, confronti. Con la sua forza di volontà e il suo coraggio riuscì a lasciarsi alle spalle la famiglia, le tradizioni, la provincia, per una indipendenza colma di cio`che voleva. Questo fu il passo più`difficile della sua vita: poter agire senza condizioni e non saperlo fare, non saper cancellare l’immagine che le avevano fatto indossare. Riusci`a conquistare la libertà, ma non riusci` a liberare se stessa; l’ottenne solo molti anni dopo ad un prezzo molto alto, con metà della vita alle spalle. “Sposati, poi farai quello che ti pare”, “fai domanda per l’insegnamento che é un lavoro adatto per una donna”; queste frasi le risuonano ancora nelle orecchie.

Matrimonio e insegnamento non erano certo le mete che Antonietta intendeva raggiungere, ma nel bene e nel male ella ci si trovo`coinvolta dopo un ritorno con uno spirito autolesionistico alla provincia. Le difficoltà e gli impedimenti per una carriera nel campo dell’arte, per forza di cose aumentarono, ma non le impedirono di dipingere sempre con impegno e passione, nonostante le porte chiuse che trovo`, sia nella propria famiglia, sia nella società. E` vero, ad Antonietta non le piaceva insegnare, ma, avendo ottenuto l’incarico all’Istituto d’Arte di Spoleto, lo accetto`volentieri, poiché rimaneva dentro le sue materie professionali. Era tanto giovane che aveva due alunni con età superiore alla sua. La situazione cambio`negativamente quando passo`di ruolo per la scuola media statale, dove trovo`un ambiente completamente diverso.

Di positivo c’era solo il disegno ancora infantile dei suoi alunni che lei sapeva leggere e valorizzare, tanto da far loro vincere diversi premi facendoli partecipare a concorsi scolastici nazionali. Rivoluziono`il modo arido con il quale s’insegnava questa materia, facendo usare materiali nuovi come argilla, stoffe, vecchie riviste per collage, niente fogli da disegno, ma carta da pacchi, niente matita e gomma, ma solo inchiostri e colori. Antonietta lavorava insieme agli alunni; molte delle sue composizioni sono state create nelle aule della scuola. Negli anni ’80 rivoluziono`la sua vita: lascio` il sicuro lavoro da insegnante per aprire uno Studio-Galleria d’Arte nel centro storico di Foligno, dove tutt’ora lavora. La sua pittura tratta soprattutto la figura con le sue luci-ombra e con le sue espressioni profonde, enigmatiche e malinconiche che non possono lasciare indifferente chi le guarda, mentre i tagli delle immagini portano ad una sintesi figurativa quasi astratta. Riguardando i suoi lavori dalla sua età scolare fino ad oggi, non é difficile leggere le varie fasi della sua vita, i suoi pensieri, il suo sociale e le sue contraddizioni. Concludo questa piccola storia di Antonietta con dei brevi versi di Pier Paolo Pasolini in cui lei ama identificarsi.

“La mia indipendenza,
che é la mia forza,
implica la solitudine,
che é la mia debolezza”.